Palazzo Brancadoro
Oggi di proprietà della famiglia Grisostomi, il palazzo domina la parte più elevata del borgo, nota con il nome di “rocca” per la presenza del castro; le sue dimensioni lo ascrivono a edificio più imponente del castello.
Secondo la tradizione popolare fu Francesco Sforza Duca di Milano a volerne la costruzione nel periodo in cui occupa il Piceno (1443-1451) quando dedicherà energie per la riorganizzazione difensiva dei castelli di Ascoli. Tuttavia, le fonti storiche attribuiscono l’avvio dei lavori alla famiglia Paccaroni (1444 ca.) successivamente terminati dai Brancadoro (1502 ca.). L’incisione presente nel travertino della piombatoia in aggetto nella facciata orientale del palazzo riporta la scritta “suaviter 1502”, motto attribuito ai Brancadoro. Il nome di Bartolomeo Brancadoro è inciso anche sul fronte del grande focolare nel salone maggiore del palazzo.
Le due facciate visibili dalla strada manifestano uno stile architettonico del palazzo legato al primo rinascimento. La struttura è semplice e massiccia, legando la raffinatezza della casa signorile alla durezza di una fortezza. Il pianterreno è caratterizzato dalle ridotte dimensioni delle finestre e grandi blocchi in travertino e pietra arenaria non lavorate. I piani nobili sono ritmati dai marcapiani e da ampie finestre impreziosite dal travertino ascolano.
La facciata orientale mostra la caratteristica difensiva dell’edificio; sulla verticale del grande portone d’ingesso (unico accesso al palazzo dalle vie urbane), in sporgenza, è presente una caditoia, tipico elemento di difesa piombante. È un sistema di offesa a protezione delle porte di accesso alle rocche.
La facciata meridionale, prospicente la strada maestra del borgo, è caratterizzata da materiali di riuso in travertino; infatti, i conci riportano decorazioni figurative disposte in maniera erratica, probabilmente provenienti dalle rovine romane della poco distante Cupra Maritima.