Chiesa di San Basso

Chiesa di San Basso

Decretata la demolizione della Collegiata di S. Basso a Marano, Santo protettore dei marinai, il Comune e il Fondo Culto provvedevano a costruirne una nuova alla Marina. Si sceglieva come luogo più adatto per la centralità e per la panoramica del paese, la Contrada Moretto, ora via Roma. L’architetto Virginio Vespignani, discepolo di Giuseppe Sacconi progettava la nuova chiesa che veniva consacrata il 30 ottobre 1887 dal vescovo ripano Giuseppe Ceppetelli.

Sotto l’altare maggiore nell’anno seguente il 22 settembre 1888, veniva posto il corpo, ancora oggi integro, dopo oltre 17 secoli, di S. Basso, vescovo e martire di Nizza, portato con solenne processione dalla Chiesa dell’Annunziata ov’era provvisoriamente. Dietro l’altare maggiore era il coro ligneo, semplice ma elegante. Sui muri laterali, presso l’altare, venivano murati due piccoli tabernacoli in pietra, opera del XVI secolo; uno per il Santissimo, e reca lo stemma di Cupra Marittima (allora Marano), con la scritta: Corpus Christi MDXXII, l’altro per conservare gli oli santi. Anche l’organo di Gaetano Callido prendeva posto nella cantoria sopra la porta d’ingresso, attualmente trasferito nella navata di destra della chiesa. Negli anni Trenta il soffitto fu dipinto da Giuseppe Pauri di San Benedetto del Tronto, che aveva affrescato la Cappella dei Messicani nella Basilica di Loreto ed era stato discepolo del tedesco Ludovico Seitz, anch’esso autore di affreschi nella medesima Basilica lauretana. L’opera del Pauri a Cupra Marittima presenta una linea classica, arieggiante allo stile del Beato Angelico, con la vivacità di colori freschi e dorati nel catino dell’abside dove domina la figura di San Basso assiso in trono, nella sua protezione verso i marinai e i fedeli, con i quattro Evangelisti accompagnati dai loro simboli.

IL TRITTICO DI SAN BASSO

L’opera di Vittore Crivelli, datata attorno agli anni 1493-95 è costituita da tre pannelli iconograficamente autonomi, ma coerentemente correlati fra loro sul piano stilistico. Nello scomparto centrale è raffigurata la Vergine in piedi con le mani giunte nell’atto di adorare il Bambino che giace a terra su testine di cherubini. Questo tema è molto caro a Vittore perché gli permette di conferire alla Vergine una solennità di ascendenza orientale. Il pittore lo pone in diverse opere più o meno ricche di elementi simbolici e decorativi. Un sottilissimo velo scende sulla fronte piuttosto alta e copre i capelli divisi in due onde sinuose; il capo lievemente reclinato sulla destra è coronato da un diadema sorretto dalle ali di due cherubini. Altri due sono posti in maniera simmetrica ai lati del drappo arabescato che pende sullo sfondo di un cielo notturno punteggiato di stelle. Di fianco alla Madonna, sopra il sedile marmoreo, due angeli ne replicano l’atteggiamento devoto. Ai piedi della Vergine è raffigurato il Bambino, avvolto in un panno giallo e disteso su un giaciglio costituto da testine di cherubini, creature celesti che hanno l’incarico di intercedere presso Dio e di difendere gli attributi divini tra gli uomini. Nello scomparto di sinistra è ritratto San Basso, vescovo di Nizza, che secondo quanto racconta la tradizione, divenne patrono della città di Cupra Marittima perché proprio in questo luogo fu ritrovato il suo corpo, traslato da profughi nizzardi intorno al 573-76. Il santo, rappresentato in piedi su un tappeto erboso, indossa gli abiti episcopali e una mitria di seta bianca broccata d’oro e finemente ornata di perle. Nella mano destra tiene un libro, probabilmente il Vangelo, e il Rocco Pastorale, mentre nella sinistra reca gli strumenti del suo orrendo martirio; due lunghi chiodi che lo trapassarono dalla pianta dei piedi fino al capo. Nonostante Vittore lo rappresenti con la barba e i capelli bruni, il suo volto appare rugoso e segnato da innumerevoli sofferenze che tuttavia non si riflettono nello sguardo, in apparenza privo di turbamento. Nel terzo e ultimo scomparto è rappresentato San Sebastiano, tribuno delle guardie pretoriane che durante la persecuzione di Diocleziano subì il martirio a colpi di freccia. È infatti raffigurato come un giovinetto legato mani e piedi ad un tronco d’albero, con il corpo coperto solo da un perizoma, piagato da numerose frecce. Il volto del santo, appena reclinato sulla destra, è incorniciato da una cascata di riccioli trattenuti da una coroncina di perle e il rossore delle gote contribuisce a sottolineare la sua giovane età.